L’interno della basilica

PiantaSanFedele

Ci collochiamo in fondo alla Basilica nella navata di destra per chi guarda l’altare maggiore.

Veniamo cosi a trovarci nella Cappella detta della “Madonna della Neve”, che presenta una volta interamente rivestita da una manierosa decorazione barocca: opera intelvese composta da 4 medaglioni trilobi disposti attorno ad un piccolo medaglione ottagonale centrale. I medaglioni, sorretti da putti, sono affrescati con figure angeliche. Nonostante la pesantezza, la decorazione è di ragguardevole ricchezza e di elevato valore compositivo. Arricchisce la cappella un trittico affrescato nel 1504 ad opera di Giovanni Andrea de Magistris, pittore comasco. Vi vediamo al centro la Madonna in trono col Bambino, a sinistra S.Sebastiano, a destra S.Rocco.

Proseguendo nella navata, incontriamo sulla destra la Cappella del Beato Innocenzo Xl (al secolo Benedetto Odescalchi), il papa comasco, di cui la parrocchia di S.Fedele è onorata di conservare nell’archivio l’atto di Battesimo oltre ad alcune ragguardevoli reliquie. La cappella fu restaurata nel 1966. Oltre alla tela secentesca che fa da pala dell’altare
raffigurante il Pontefice benedicente, altre due tele la arricchiscono: il volto di un Gesù
Bambino al sommo della pala attribuito a Callisto Piazza o al Luini (o comunque di scuola
luinesca) e, sulla sinistra, un S.Andrea Avellino di autore tardobarocco ignoto.

Sempre tenendo la destra ci imbattiamo nel piccolo altare della Madonna delle Grazie, di stile rococò. L’affresco raffigurante la Vergine è databile al secolo XIV. Interessantissimo poi, il leone che fa da acquasantiera e che risale alla paleocristiana S. Eufemia. E’ di marmo di Musso bianco e rappresenta una fiera che tiene per le zampe anteriori una figura maschile inginocchiata. Il bacile per l’acqua benedetta è posteriore. Probabilmente il leone era collocato all’ingresso della Basilica (sulla piazza). Avvalora questa ipotesi il fatto che un altro leone si trova sul lato opposto della Basilica e il fatto che il lato della testa nascosto alla vista è perfettamente conservato perchè interno al portale, e quindi sottratto alle intemperie. A fronte dell’acquasantiera la pietà dei fedeli ha composto una raccolta di spoglie umane che provengono dalla soppressa chiesa di S.Sisto (attuale centro “La Lucernetta”) e che raccolgono il suffragio dei parrocchiani.

Lasciando sulla destra il grande Crocifisso (già processionale), ritorniamo nel centro della Basilica. A destra vediamo anzitutto la splendida Cappella del Crocifisso.
L’altare è costituito da un portale fiancheggiato da due colonne a loro volta affiancate da due semicolonne. Il timpano è costituito da un alto abaco parzialmente occupato da due angeli. Nel 1721 questa cappella detta del Crocifisso per la bella figura del Cristo in croce, accolse anche la tomba della famiglia comasca Passalacqua che nel 1718 aveva ottenuto il
patronato della cappella stessa con un legato di una S.Messa alla settimana. Di ciò rimane testimonianza in una lapide del 1721 un tempo visibile sopra la porta della sagrestia. Il paliotto dell’altare è ad intarsi di marmo a disegno e risale al 1700. Vi sono rappresentati oggetti che richiamano la Passione: chiodi, martello, scala, spugna ecc. L’affresco del catino è di Isidoro Bianchi, allievo del Morazzone (1581-1662), che lo dipinse nel 1623 su commissione di don Quintilio Lucini Passalacqua. Rappresenta la “gloria del Paradiso” in una grandiosa visione di angeli e di santi. Per infiltrazioni di acqua dovute alla fatiscenza del tetto, parte degli affreschi è andata perduta, parte si stava irrimediabilmente perdendo. Nel 1979 con l’intervento della Sovrintendenza per i Beni artistici e storici della Lombardia, si potè provvedere alla delicata opera di consolidamento e di restauro. L’affresco, vastissimo, evidenzia la bella armonia storico – teologica che rende interessante
l’intera Cappella: nell’ancona dell’altare il Crocifisso; nelle tele, episodi della Passione; in alto la gloria di tutti i credenti nel Mistero del Verbo Crocifisso e Risorto. La concezione è grandiosa e ben sviluppata; le tonalità calde nei colori e vive nella grazia del disegno; il gioco delle prospettive conferisce al catino una trasparente profondità. L’affresco è divisibile chiaramente in tre ordini: 1° ordine (in basso, da destra): due santi religiosi del cinquecento; S.P’etro martire; S.Orsola; S.Chiara; S.Marta; S.Apollonia; S.Caterina d’Alessandria; S.Agata; S.Cecilia; le virtù teologali: speranza, carità, fede;…S.Elena; S.Maria Maddalena; S.Brigida;…S.Barbara; S.Paolo Eremita; S.Rocco; S.lgnazio; S.Francesco di Paola; S.Luigi IX. 2° ordine (da destra): il re Davide; S.Vincenzo; S.Lorenzo … un santo Vescovo (S.Felice?); S.Fedele; S.Sebastiano; un santo Vescovo con ruota e pastorale; tre santi Vescovi (S.Ambrogio?, S.Agostino?, S.Giovanni Crisostomo?); S.Carlo Borromeo; S.Bruno; S.Bernardo; S.Antonio abate; S.Benedetto; S.Nicola da Tolentino; S.Francesco d’Assisi; un santo Vescovo (S.Abbondio?); un santo Papa (S.Gregorio Magno?); 3° ordine (da destra): S.Giovanni Battista; gli arcangeli Raffaele, Gabriele, Michele; altri angeli. Nel mezzo si vede ancora abbastanza bene la SS.Trinità; è completamente scomparsa (a sinistra in alto) la Madonna. Oltre al restauro dell’affresco, nel 1979 si procedette pure al restauro degli stucchi e delle tele della Cappella. Gli stucchi sono di Diego Carloni (1674-1750), fratello di Carlo Innocenzo (1686-1775), che dipinse le 4 tele ispirate a scene della Passione. Da sinistra a destra abbiamo: I’lncoronazione di spine l’lncontro con la Veronica, I’Agonia nell’orto, la Flagellazlone. Alle due tele centrali sottostanno due affreschi che riprendono i motivi dipinti nelle tele, ma con impostazione iconografica diversa. Sull’arco che corona la Cappella, oltre ai preziosi stucchi, vi sono 4 medaglioni con affrescati i 4 evangelisti, di nobilissima fattura.

Nella sagrestia troviamo, con antichi parati, preziosi mobili in noce settecenteschi, l’altare della Immacolata Concezione e due tele seicentesche.

Arriviamo così al centro della chiesa.

Prima di descrivere l’altare maggiore, è opportuno che, voltando le spalle all’altare medesimo, diamo uno sguardo all’insieme della chiesa. È una Basilica a croce latina divisa in tre navate, delimitate da pilastri quadrilobati che sostengono i matronei. I matronei di S.Fedele che costituiscono l’unico esempio nella architettura romanica comasca, evidenziano un alto livello di maturazione dei costruttori. Originariamente i matronei correvano, visibili, lungo tutto il perimetro della chiesa. Le arcate delle absidi laterali vennero poi chiuse nel secolo XVI come si è detto, per far posto alle tele, agli affreschi e agli stucchi. Sulla parete di fondo abbiamo il rosone del 1509. La ghiera esterna presenta una forte deformazione nel quadrante alto destro dovuto a schiacciamento, molto frequente nei rosoni. Alcuni quadri a soggetti diversi impreziosiscono la parete di fondo. La copertura originaria della navata centrale è ad archi timpano, oggi nascosti dalla volta a botte seicentesca. La volta venne decorata, con il tiburio in finti lacunari con medaglioni a soggetto diverso da Vincenzo de’ Bernardi da Claino nel 1846. Contemporaneamente il pittore milanese Giovanni Valtorta affrescò le trombe che reggono il tiburio con i quattro evangelisti. Il pulpito, in noce, a specchiature lisce, di gusto neoclassico, venne all’inizio dell’ottocento sostituito ad uno più antico.

Guardando l’altare maggiore se trascuriamo il catino (affrescato nel 1848 dal cremonese da Guglielmo Beltrami che vi raffigurò il martirio di S.Fedele ), notiamo che l’abside si impone per la purezza delle sue linee romaniche, la loggetta romanica che la rende più leggera e luminosa e la curiosa e preziosa varietà dei capitelli. Il complesso dell’altare, che
a prima vista potrebbe sembrare un’opera unitaria, è invece un aggregato di numerosi pezzi. L’arca marmorea è un monolito di marmo di Musso con inciso, come già detto, il verbale della traslazione delle reliquie di S.Fedele nel 1365. La mensa è pure trecentesca: un monolito di m 2,65 x 1,25 dello spessore di 13 cm e del peso di oltre una tonnellata. Le colonnine che reggono la mensa sono ottocentesche; i piccoli capitelli binati che fungono da base dell’arca sono invece quelli gotici dell’originario basamento trecentesco, comprendente anche colonne (scomparse) e stilobati (conservati separatamente).
La mensa, che originariamente si trovava un poco più arretrata, nel 1766 ad opera di E.Tosi era stata sormontata dall’altare barocco, con specchi di marmo policromo. Questa mensa trecentesca, conformemente ai nuovi indirizzi liturgici, venne nuovamente staccata dal retroaltare e portata al centro del presbiterio nel 1971. Sul pavimento del presbiterio, 4 splendidi mosaici settecenteschi di scuola veneziana, restaurati nel 1971.

Riprendendo il cammino da sinistra dell’altare maggiore, nell’absidiola di sinistra, troviamo la vasca battesimale che è costituita da uno splendido monolito scavato a mano, in occhialino, con medaglione intarsiato e la scritta “societas gonfalonis”, che si riferisce ad una Arciconfraternita romana cui la Compagnia che curava il Battistero comasco era
aggregata. Lo stile è barocco. La vasca era precedentemente collocata in S.Giovanni in Atrio fino alla sua soppressione. Il candelabro è in ferro battuto opera ertigianale di G.Olgiati (anno 1980).

Siamo cosi nella Cappella della Madonna.

Una serie di affreschi medioevali decorano il muro divisorio. Si possono dividere in due categorie: quelli riguardanti il culto della Vergine e quelli “votivi”. Da destra a sinistra, in alto, abbiamo in ordine di antichità: la Trinità, S.Anna con la Madonna ed il Bambino. Poi ancora una Madonna col Bimbo e la decollazione di S.Fedele. Nell’ordine inferiore troviamo la Madonna orante nella mandorla sorretta da 4 angeli (quello in alto a sinistra è l’arcangelo Michele), e un S.Giovanni Battista che battezza al Giordano, irrimediabilmente perduto. Sull’intradosso dell’arco si intravede nitidamente un S.Bartolomeo; sul voltino di destra la testa di un Salvatore (Cristo pantocrator); dietro il voltino, S.Caterina d’Alessandria.

La Cappella della Madonna Purificata risponde, nelle linee generali, a quella opposta del Crocifisso. Notiamo un portale centrale, con nicchia ospitante la statua della Vergine in legno dorato opera di Giovanni Gaffuri (anno 1665), fiancheggiato da 2 colonne. Alla sommità due angeli sorreggono una “glorietta”, ed infine il timpano costituito da un triangolo spezzato alla base con appoggiati due angeli. L’attenzione maggiore va però rivolta al catino e ai quattro affreschi che decorano le pareti. Da sinistra: lo sposalizio della Vergine, la Natività, l’ annuncio ai pastori, L’ adorazione dei Magi. A lungo creduti di Gaudenzio Ferrari o della sua scuola, furono in realtà eseguiti tra il 1613 e il 1624 da più pittori comaschi di buon livello. L’affresco del catino, che ha per soggetto l’Assunzione della Vergine, è del 1613, ed è stato restaurato a cura della Sovrintendenza per i Beni artistici e storici della Lombardia, nel 1980. E’ opera dei pittori Francesco Carpano e Domenico Caresana. Si tratta di un dipinto di notevole valore per la concezione, la colorazione e l’armonia delle parti. Ai fianchi dell’avello scoperto della Vergine, da cui fiorisce un cespo di rose, sono disposti personaggi dell’antico e del Nuovo Testamento, con discepoli ed apostoli, che ammirano estatici la Vergine salire nella gloria. Sopra si apre il vasto cielo, ove aleggiano angeli in voli concentrici, fino ai lati esterni del catino; nel mezzo sopra il sepolcro spalancato, un angelo, in leggiadra positura, sostiene un nastro su cui è scritta la frase biblica: ‘Currus Dei ascendit super occasum”, applicata alla Vergine Assunta. In alto, nel cielo aereo, la figura maestosa e dolce di Maria.

Proseguendo la visita nell’ambulacro di sinistra, oltre ad una suggestiva rappresentazione del purgatorio, troviamo l’altro leone che sorregge un capitello composito, di origine romana (età imperiale), scavato ad acquasantiera. Il leone ha un soggetto diverso da quello che abbiamo descritto precedentemente. Qui la figura umana cavalca la fiera e non ne è prigioniera. Forse, nella simbologia medioevale, la fiera era il demonio che teneva imprigionato l’uomo prima che si accostasse a Dio (primo leone), poi imprigionato da lui dopo che l’uomo si era rapportato con il Padre (secondo leone).

Arriviamo così all’altare di S. Rita un tempo dedicata a san Gaetano da Thiene. Questa cappella è stata restaurata nel 1980, nel centenario della nascita della Santa, completando l’altare con timpano in botticino chiaro (dapprima dipinto), in accompagnamento alle lesene, con aggiunta di mensa marmorea e zoccolatura in marmo nero. Le rifiniture pittoriche sono state curate da Torildo Conconi. Sulla destra possiamo ammirare una magnifica tela con la Vergine Immacolata attribuita al Nuvolone; e sotto, il monogramma del nome di Gesù, diffuso in Italia da S. Bernardino da Siena (1380-1444), scolpito su una tavola di marmo di Musso. La bella statua lignea di santa Rita, del 1979 , è opera dello scultore Ferrari di Pontedilegno.

In fondo alla chiesa in una piccola cappella, già adibita a battistero, è conservato il sarcofago contenente il corpo di S. Giuliana vergine e martire, ripostovi il 5 giugno 1618 dal vescovo di Como Filippo Archinti (1595 -1621), e qui traslato dalla chiesa di S. Pietro in Atrio il 21 ottobre 1799 in precedenza collocato sotto la mensa dell’altare della B.V. Maria Purificata. Arricchisce la cappella un affresco a soggetto battesimale ottocentesco, attribuito a Onorato Andina.

Un cenno merita infine l’organo della basilica di san Fedele. Opera della ditta Mascioni di Cuvio, venne costruito nel 1941 con materiali provenienti da un organo del 1827 dovuto ai fratelli Prestinari di Magenta e rifatto nel 1890 dall’organaro varesino Pietro Bernasconi. Restaurato nell’anno 2000 consta di 42 registri, circa 3.000 canne distribuite in tre corpi sonori collegati in trasmissione elettronica ad una consolle centrale computerizzata con tre tastiere e una pedaliera a ventaglio di 32 note.