La facciata

La facciata di S. Fedele, rifatta ex novo all’inizio di questo secolo (su precedente facciata del 1509, nella sua struttura globale, si presenta neoromanica. È monocuspidale con un corpo aggettante sulla destra. Caratteristica la decorazione degli archetti rampanti. Oltre al rosone (di cui si parlerà più avanti) rileviamo il portone centrale e quello laterale che culminano con una decorazione a mosaico del nostro secolo (anno 1968), concepita dalla pittrice Elena Mazzari, raffigurante rispettivamente il Christus docens ed i simboli dell’Eucaristia.

La torre campanaria fu probabilmente costruita quando venne edificata la Basilica ma causa di un forte terremoto, di cui si parla nelle cronache, nel 1117, crollò in parte. Nel 1271 il vescovo Raimondo Torriani (1262 – 1274) obbligò il capitolo della Basilica alla ricostruzione della torre. Nonostante però tutte le perizie usate perché il lavoro di ricostruzione non andasse di nuovo perduto, non si riuscì mai, a motivo del sottostante terreno argilloso, a garantire una soluzione stabile e decisiva. Negli anni 1903 – 1907 la torre campanaria, pericolosamente inclinata, fu demolita fino all’altezza di m.11 90 e da li ricostruita ex novo. Attualmente si presenta come tipico campanile romanico a pianta quadrata, isolato dalla Basilica (opportuni lavori di restauro nel 1975 ne hanno maggiormente evidenziato il basamento), ritmato in quattro successivi ordini di archetti con trifore, bifore e monofore. Nella cella campanaria sono collocate le tre campane; due fuse nel 1842, la terza nel 1962. La minore è dedicata alla B.V.Maria nel ricordo del Concilio Vaticano II, la seconda a S. Abbondio patrono della diocesi di Como, la maggiore a S. Fedele.

La casa che troviamo a sinistra della Basilica, architettonicamente pertinente al complesso di S. Fedele, è stata restaurata nell’anno 1975 . Il restauro fu richiesto dalla grave fatiscenza in cui versava l’edificio, del quale si ha notizia fin dal 1109, anno in qui il vescovo Guido Grimoldi (1096- 1125), su istanza dei consoli di Como, concesse ai canonici di S. Fedele, che avevano aperto da poco in questa loro casa una bottega di pane (il “Pristinum”), ed una vendita di vino (la “Caneva”), l’esenzione delle imposte che tutti i fornai dovevano al Vescovo. Varie furono le vicende che la casa attraversò nel corso dei secoli. L’opera di restauro ha ridato nobiltà all’edificio ed ha messo in luce un affresco a motivi floreali ed animali che fregia la casa immediatamente sotto il tetto sulla facciata che guarda in piazza S. Fedele e che porta la data del 1582. Lavori di ampliamento dello stabile erano stati intrapresi e condotti anche nel 1534 ad opera di Nicolò de Charolis, come testimonia una scritta collocata sulla facciata verso la piazza. Da qui è opportuna una visita alla piazzetta detta “Canonica” (corte medioevale), da cui si ha un magnifico scorcio della Basilica.

Davanti alla Basilica si protendeva un atrio, formato da un porticato, di cui si vedono ancora alcune vestigia nelle tozze colonne del piccolo portico di piazza S. Fedele. All’estremità del portico, sorgeva la Chiesa di S Giovanni adibita a battistero, che, per la sua ubicazione, si denominava S. Giovanni in Atrio. Qui, per tanti secoli, il Vescovo di Como veniva al sabato santo a benedire l’acqua del fonte battesimale per le chiese della città e dintorni. L’origine della costruzione risale (pare) al secolo Vl con l’ impiego anche di materiale dell’epoca imperiale romana. L’edificio, nella forma ottagonale definitiva, è del secolo Xl.

Il vescovo Feliciano Ninguarda, negli atti della visita pastorale del 1590, ricorda ancora il bell’impianto centrale sostenuto da colonne romane che sorgeva all’interno, colonne che si credono appartenute all’antico portico romano di Calpurnio Fabato, suocero di Plinio, e che ora si possono vedere collocate davanti alla chiesa di santa Cecilia in via Cesare Cantù. Nel 1788 il Battistero venne sconsacrato e venduto. A causa dell’attuale uso, oggi è possibile procedere alla sola lettura della struttura originaria. Sarebbe peraltro auspicabile il recupero del complesso per portarlo, mediante opportuno restauro, allo splendore iniziale.

Nella vicina via Odescalchi (le strutture si possono vedere tuttora) sorgeva la chiesa di S. Pietro in Atrio. In antico aveva il titolo di S. Giuliana vergine e martire. Nel 1590 il Ninguarda la descrive come una costruzione a tre navate, con pavimento in pietra e con tre porte. Qui si conservava il corpo di S. Giuliana, in una cassa di legno racchiusa sotto l’altare, entro un avello di sarizzo. Fu alI’ inizio del XVI secolo che, ampliata e ridotta a miglior forma, la chiesa venne dedicata ai SS. Apostoli Pietro e Paolo; comunemente però si chiamava soltanto S. Pietro; fu officiata dai Padri Teatini che vi avevano annesso un piccolo collegio. Soppressa al tempo dell’ invasione francese del 1797, o meglio profanata dai soldati, non fu più adibita come chiesa. Il sarcofago con le reliquie di S.Giuliana fu trasportato in S. Fedele nel 1799, insieme con alcuni quadri ed arredi.